Lo staff della pasticceria storica veneziana "Rosa Salva" di Calle Fiubera. In questi giorni si sfornano i panettoni |
Venezia - Inutile. Passano le epoche, cambiano i volti, le architetture, gli strumenti, ma il profumo di pasticceria lungo le calli è sempre quello che ti fa allentare il passo, per affidarti al sapore del caffè e a un fiore di pasta frolla che cambia la giornata. Finalmente, dunque, sta arrivando il Natale, il giorno in cui ci si ferma e si sta a tavola fino a tardo pomeriggio, l'unico dell'anno in cui, crisi o non crisi, il panettone è sempre di casa. Nel laboratorio della storica pasticceria veneziana Rosa Salva, in Calle Fiubera, questo momento è ancora un miraggio.
L'impasto del panettone dei "Rosa Salva" |
Panettoni decorati con glassa e caramelle |
Ora che siamo nel pieno delle feste, è bello parlare di panettoni e creme chantilly, immaginando un laboratorio di pasticceria in bianco e nero ma pieno di quel profumo che sa di casa. “Lalo” ricorda bene com'era la vita di un pasticcere natalizio che non conosceva la tecnologia: «Quando ero bambino, negli anni '50, in laboratorio c'erano i forni a carbone e le celle di lievitazione. L'impasto del panettone veniva messo in una botte di Marsala tagliata a metà, a cui venivano attaccate delle ruote per trasportare il tutto nelle celle».«I pasticceri dormivano in laboratorio e spesso ci dormivo pure io, dentro il cassettone di un mobile – racconta ancora Lalo – Quando le varie fasi di lievitazione terminavano, si alzava un'asticella, scattava l'allarme e i pasticceri scendevano dal letto per lavorare l'impasto».
Non solo panettoni, ci sono anche i tronchetti natalizi |
Velocità, tecnologia, grandi volumi, e tanta contabilità, che al secondo piano della pasticceria in Calle Fiubera si accumula quotidianamente. Rosa Salva è un'azienda storica in linea con la frenesia moderna, ma piena di ricordi, e anche di nostalgia, per i tempi in cui i nonni attaccavano i conti scritti a mano sulle ante degli armadi, l'ufficio era un tavolino a pochi passi dal bancone dei dolci e le signore in pelliccia aiutavano a curare il radicchio in laboratorio: «In fondo, però, la nostra pasticceria è sempre il solito porto di mare – chiudono Lalo e Antonio – Di qui passano i figli dei figli che hanno conosciuto i nostri nonni e bisnonni: lavoriamo in uno spaccato di venezianità ancora pieno di calore».
Testo e foto di Silvia Zanardi